Nuova scoperta archeologica a Pompei. Nella “stanza degli schiavi” emergono numerose anfore di terracotta

10/11/2021     / / / / /


Risale a pochi giorni fa la straordinaria scoperta archeologica della “stanza degli schiavi ” (in foto un’immagine generica di scavi). Dagli scavi della villa di Civita Giuliana a Pompei sono emersi oggetti e arredi che permettono di ricostruire e acquisire nuove nozioni sullo stile di vita degli schiavi di Pompei. L’importanza di questa scoperta è sottolineata dalle parole del ministro della cultura Dario Franceschini: “Grazie a questo nuovo importante ritrovamento si arricchisce la conoscenza sulla vita quotidiana degli antichi pompeiani, in particolare di quella fascia della società ancora oggi poco conosciuta. Pompei è un modello di studio unico al mondo“. Questo ritrovamento permette di aprire uno spaccato sul modo di vivere di persone di ceto più basso, raramente citate nelle fonti storiche che riportano più spesso testimonianze su stili di vita di alto rango. Nell’ambiente degli scavi denominato “la stanza degli schiavi” sono state trovate tre brandine in legno, un timone di un carro, vari manufatti personali, e le immancabili anfore  appoggiate in angolo, brocche in ceramica e il vaso da notte. La presenza delle giare fa pensare ad un utilizzo della stanza anche al fine di rimessaggio di merci e alimenti. Le anfore in terracotta venivano all’epoca utilizzate come contenitori per cereali, legumi e bevande. Come la storia ci conferma il più prezioso tra le bevande era il vino in numerose variabili e qualità, che veniva gustato da tutti i livelli e condizioni sociali, anche dagli schiavi. Questi contenitori in terracotta non solo venivano impiegati per lo stoccaggio, ma anche per la vinificazione del vino, come molti scavi archeologici  hanno portato in luce, in magazzini e cantine dove si lasciava maturare il prezioso nettare.

Artenova ha riscoperto e promosso questa antica pratica della vinificazione in anfora rivisitandola con nuovi accorgimenti per migliorarne la pratica, ma l’elemento originario rimane sempre la materia prima da cui provengono e a cui ritornano tutte le cose: la terra che grazie all’ingegno e alle mani dell’uomo si trasforma nella meraviglia di questi contenitori di formati e grandezze diverse che troviamo da sempre sia nelle civiltà antiche che in quelle più attuali. Le vicende dell’uso della preziosa argilla d’Impruneta si rifanno a epoche preromaniche, ai primi insediamenti etruschi della zona, ma la storia documentata comincia dal Medioevo e si afferma nel 1300 quando si costituì una corporazione di maestri orciai. Oltre ai vasi si cominciarono a creare elementi decorativi tipo stemmi, sculture e ornamenti architettonici vari consolidandone l’utilizzo per vere e proprie opere d’arte. Nei decenni e nei secoli successivi Impruneta vede incrementare il numero di fornaci e di artigiani e artisti che vi gravitano intorno, contribuendo a dare vita all’epoca d’oro del Rinascimento fiorentino.

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